Il Documento di economia e finanza (Def) approvato due giorni fa dal Consiglio dei ministri conferma l’aumento della tassazione dall’attuale 20 al 26% su interessi, dividendi e plusvalenze (capital gain) finanziari. Nessuna modifica, invece, per i titoli di Stato e i buoni postali la cui tassazione resterà al 12,5 per cento.
In realtà il Def si limita a confermare l’aumento senza dare ulteriori specifiche. Rimane quindi ancora il dubbio se l’aumento colpirà anche gli interessi su conti correnti e conti deposito.
Ricordo infatti che una risposta del ministro dell’Economia ha lasciato intendere che l’aumento non colpirà i depositi. Ma il forte dubbio rimane, soprattutto sui depositi vincolati.
Inutile ritornare su quanto già detto in precedenza, vale a dire la demagogia sulla tassazione delle rendite finanziarie. Di fatto oggi, con i tassi di interesse attuali, considerando anche l’imposta di bollo dello 0,2% (senza tener conto poi della difficoltà di compensare tutte le minusvalenze) si può arrivare ad una tassazione sui proventi finanziari superiore al 40%.
Oltre a stabilire su quali prodotti si applicherà l’aumento e su quali no, andranno definite anche le modalità per l’affrancamento fiscale, la procedura che viene utilizzata, in caso di cambiamento di regime fiscale, al fine di evitare di tassare con la nuova aliquota anche gli utili e gli interessi già maturati ma non ancora riscossi.
Visto che molti risparmiatori hanno in portafoglio titoli con plusvalenze (grazie sia alla crescita del listino azionario sia della riduzione dei tassi che ha aumentato le quotazioni delle obbligazioni) sarà importante capire e sfruttaree al meglio la procedura. Non appena saranno note le modalità di affrancamento, ne parlerò ovviamente su Banca del Risparmio (iscriviti alla newsletter inserendo la tua mail nel modulo più sotto).
In realtà il Def si limita a confermare l’aumento senza dare ulteriori specifiche. Rimane quindi ancora il dubbio se l’aumento colpirà anche gli interessi su conti correnti e conti deposito.
Ricordo infatti che una risposta del ministro dell’Economia ha lasciato intendere che l’aumento non colpirà i depositi. Ma il forte dubbio rimane, soprattutto sui depositi vincolati.
Inutile ritornare su quanto già detto in precedenza, vale a dire la demagogia sulla tassazione delle rendite finanziarie. Di fatto oggi, con i tassi di interesse attuali, considerando anche l’imposta di bollo dello 0,2% (senza tener conto poi della difficoltà di compensare tutte le minusvalenze) si può arrivare ad una tassazione sui proventi finanziari superiore al 40%.
Slittamento dell’aumento
La buona notizia, se proprio si vuol cercare l’aspetto positivo, è che l’aumento previsto inizialmente per il 1° maggio, slitterà al 1° luglio. Gli intermediari finanziari (che agiscono come sostituti di imposta) necessitano di tempo per adeguare le procedure informatiche ed organizzative alla nuova aliquota.Oltre a stabilire su quali prodotti si applicherà l’aumento e su quali no, andranno definite anche le modalità per l’affrancamento fiscale, la procedura che viene utilizzata, in caso di cambiamento di regime fiscale, al fine di evitare di tassare con la nuova aliquota anche gli utili e gli interessi già maturati ma non ancora riscossi.
Visto che molti risparmiatori hanno in portafoglio titoli con plusvalenze (grazie sia alla crescita del listino azionario sia della riduzione dei tassi che ha aumentato le quotazioni delle obbligazioni) sarà importante capire e sfruttaree al meglio la procedura. Non appena saranno note le modalità di affrancamento, ne parlerò ovviamente su Banca del Risparmio (iscriviti alla newsletter inserendo la tua mail nel modulo più sotto).
SE CI TENETE AI VOSTRI RISPARMI, FIRMATE LA PETIZIONE ON LINE SU WWW.CHANGE.ORG
RispondiEliminaLA PETIZIONE SI TROVA AL SEGUENTE LINK
http://chn.ge/1eYC6xf
1) la borsa italiana, in rapporto al peso economico del Paese, è la più debole d'Europa e fortemente soggetta a manovre speculative, 2) l'uscita dalla crisi economica in cui versiamo viene scoraggiato l'investimento in borsa sottraendo di fatto capitale alle industrie, con questo aumento della tassazione 3) come sempre non si fa distinzione tassando una plusvalenza dell'1% conseguita in 3 giorni da una pari plusvalenza conseguita in 3 anni (di fatto, una minusvalenza), 4) Il piccolo investitore privato soggetto al regime forfettario non può detrarre dal reddito eventuali minusvalenze al pari di una società per la quale la plusvalenza tassabile è rappresentata dalla somma algebrica profitti/perdite conseguita nel corso di un intero anno fiscale. Per tutto questo, ritengo che l'aumento, anche indiscriminato, della tassazione sia controproducente per l'Italia.
RispondiEliminaVorrei inoltre fare osservare che -per carenze normative nazionali od europee, opportunismo delle nostre banche ovvero pessima interpretazione delle normative- i dividendi per i piccoli investitori vengono tassati due volte quando si investe in azioni di altri Paesi dell'Euro, come da mia esperienza diretta. Per un piccolo dividendo derivante dal possesso di alcune azioni tedesche, mi sono visto tassare prima dalla Germania e poi dall'Italia. Per rimediare, avrei dovuto, a detta della mia banca online, chiedere a loro una certificazione (costo €130) e fare poi una duplice spola tra gli uffici dell'Intendenza di finanza e gli sportelli fisici della mia banca. Trascurando la pesante perdita di tempo, mi sarei comunque trovato a spendere più del valore del rimborso cui avrei dovuto avere diritto. Tutto questo per una doppia trattenuta fiscale abolita da precise leggi europee ma di fatto applicata ai piccoli investitori.