Con questo articolo si apre una serie dedicata ai certificates o certificati di investimento, prodotti derivati che negli ultimi due anni hanno avuto un boom anche presso i piccoli risparmiatori, una categoria che difficilmente è in grado di comprendere appieno le caratteristiche di questi prodotti. In questo articolo introduttivo spiegherò le ragioni di questo successo, nei prossimi mi dedicherò ai rischi e ai costi di questi strumenti finanziari.
Nel 2023 sono stati collocati sul mercato certificati d’investimento per un controvalore di 25,7 miliardi di euro. Si è superato ampiamente il record storico di 17,1 miliardi nel 2019, con un crescita del +59% rispetto al 2022. In percentuale è aumentato meno il numero di prodotti. +21% rispetto al 2022, segno che i collocamenti sono stati più massicci.
Quali sono le ragioni di questo trend? E soprattutto: chi è che lo spinge?
Cosa sono i certificati di investimento
I certificati di investimento sono strumenti derivati non semplici da capire per il piccolo risparmiatore. Come è possibile quindi che li abbiano acquistati in massa?
Analizziamo meglio il trend in corso. I certificates si suddividono in 4 categorie: capitale protetto, condizionatamente protetto, non protetto e a leva.
I primi due sono collocati da banche e promotori ai loro clienti, gli altri due invece direttamente sul secondario, sottoscritti quindi da investitori consapevoli che agiscono spesso autonomamente.
Il trend di crescita di questi strumenti ha riguardato soprattutto l’emissione di certificati a capitale protetto (70% del totale) e in seconda battuta quelli a capitale condizionatamente protetto (25%): una situazione capovolta rispetto ad appena due anni fa. Quasi tutto il mercato quindi è fatto tramite la presenza di un intermediario che colloca il prodotto.
In particolare il collocamento dei capitale protetto avviene prevalentemente attraverso il canale bancario mentre quelli a capitale condizionatamente protetto soprattutto grazie a consulenti finanziari e private banker e sono rivolti a quegli investitori che, accettando un grado di rischio un po’ superiore.
Ma perché gli intermediari spingono ora questi prodotti? Se andiamo a veder meglio i trend macro vediamo come il 2023 sia stato un anno negativo per il risparmio gestito (fondi di investimento). Con la risalita dei tassi il risparmiatore italiano ha abbandonato i fondi ed è tornato sui Btp e i Bot.
Come si sono difese le banche? Offrendo uno strumento che unisse alla parola protezione del capitale la possibilità di ottenere delle cedole.
Nei prossimi articoli spiegherò come però questa formula presenti sia dei rischi che non vengono spiegati o colti dal risparmiatore medio sia soprattutto costi elevati. Nel momento in cui sottoscrivi un certificato allo sportello stai pagando una commissione. Il problema è che questa è implicita per cui non la paghi direttamente e se non guardi bene i documenti (come purtroppo fa la maggioranza dei risparmiatori che si fidano ancora della banca) non te ne accorgi.
Cosa significa costo implicito. Che invece di farti acquistare a 100 e pagare un costo di 4, ti fanno acquistare a 100 qualcosa che ne vale 96. Ma tu non sei in grado di saperne il valore perché non sei esperto di finanza.
Nei prossimi articoli vedremo meglio caratteristiche, rischi e costi dei certificates. Il mio consiglio è di evitarli se non li conosci, se sei invece interessato leggi un libro che ti dà un quadro completo.
Ti invito a leggere:
- I certificati di investimento. Come Giovanni Borsi sceglie i migliori - Giovanni è sicuramente il maggior esperto italiano in questo ambito
- Investire con i certificati di Gabriele Belelli. Gabriele è un consulente finanziario, molto noto per la sua presenza online e spesso parla anche di certificati
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