Da domani, lunedì 9 marzo 2015, la Banca centrale europea (Bce) inizierà ad acquistare obbligazioni sul mercato secondario.
Si tratta dell’operazione di Quantitative Easing di cui ormai si parla da mesi, operazione che sta condizionando profondamente i mercati finanziari europei (e non solo). Per l’investitore è quindi fondamentale conoscere le caratteristiche di questa operazione e le sue conseguenze.
Il quantitative easing si sostanzia nell’acquisto di titoli obbligazionari, prevalentemente titoli di Stato, da parte della Bce sul mercato secondario. Verranno acquistate obbligazioni con vita residua tra 2 e 30 anni per un controvalore di 60 miliardi al mese dal 9 marzo fino a settembre 2016. Una marea di liquidità che ovviamente condizionerà i mercati, anzi lo sta già facendo da mesi, persino da prima dell’annuncio ufficiale.
Recentemente la Germania ha collocato all’asta titoli di Stato a 5 anni che offrivano un tasso di interesse annuo negativo (-0,08%). Sembra ovviamente assurdo, chi ha acquistato quei titoli non solo non riceverà alcun compenso, ma da qui fino al 2020 ci rimetterà anche qualcosa sul capitale.
Ma non si tratta di un caso unico. Già da quasi un anno le scadenze brevi dei titoli di Stato tedesco offrono rendimenti negativi. Lo stesso dicasi per i titoli dei paesi più affidabili in base al rating: Finlandia, Olanda, Austria e Francia. Addirittura i bot italiani con scadenze brevissime offrono oggi sul mercato rendimenti negativi. Si stima che circa un terzo dei bond sovrani in circolazione nell’Eurozona, un ammontare superiore a mille miliardi, abbia oggi un rendimento sotto zero.
Un fenomeno iniziato mesi fa e che, man mano il Quantitative Easing si avvicinato, si è esteso dalle scadenze più brevi a quelle più lunghe, dai paesi più affidabili ai cosiddetti Piigs.
I tassi negativi sui titoli di Stato sono quindi il frutto di questi tentativi della Bce (e di tutte le principali banche centrali) di aumentare la liquidità e abbassare il costo del denaro per favorire i finanziamenti a imprese e famiglie che possano tramutarsi in investimenti e consumi. A questo obiettivo si è aggiunto anche quello di evitare la deflazione, ossia la riduzione dei prezzi, causata sia dalla crisi dei consumi sia da una riduzione dei costi delle materie prime (il petrolio in particolare).
La Bce ha da prima scoraggiato i depositi delle banche. Le banche infatti sono abituate a depositare presso la banca centrale la liquidità in eccesso in attesa di impiego. Lo scorso giugno infatti ha per la prima volta portato ad un livello negativo (-0,10%, ora è a –0,20%) il tasso di interesse che offre sui capitali che le banche europee depositano presso la BCE.
In tal modo è stato scoraggiato il deposito di liquidità presso la banca centrale, cercando di dirottarla verso in altre attività . Dove si è rivolta questa enorme massa di capitali?
Soprattutto verso investimento alternativi ma al contempo considerati sicuri, quindi su depositi interbancari a breve e titoli di Stato sempre a breve termine. Non si è raggiunto quindi in un primo momento l’obiettivo di far arrivare i soldi all’economia reale, ma questa massa di capitali investiti in obbligazioni, per lo più di Stato, ha ridotto in modo drastico i rendimenti di mercato, fino a toccare il segno meno.
Il mercato obbligazionario non è diverso da qualsiasi mercato regolato dalla legge della domanda e dell’offerta. Il rendimento rappresenta il prezzo richiesto da chi acquista. L’aumento della domanda (dovuto appunto agli acquisti delle banche) rispetto poi ad un’offerta statica, non poteva che ridurre questo rendimento.
Di fatto oggi, anche in virtù dei salvataggi con i fondi europei (il fondo Efsf utilizzato per vari paesi periferici) e dell’intervento della BCE, i titoli di Stato sono considerati un investimento con rischio di credito molto basso, inclusi i titoli nostrani.
Oltre ai rendimenti sotto zero, può apparire altrettanto paradossale che oggi l’Italia paghi tassi di interesse così bassi (e persino più bassi degli Stati Uniti) quando la situazione dell’economia reale è pure peggiore rispetto alla crisi dello spread di novembre 2011. Ma questo è l’effetto di una sorta di droga fornita al mercato. Come ogni cura, non è detto che avrà successo, ma di fronte alle mosse della BCE non ci si può opporre e un investitore deve prenderne atto (mettendo per un attimo anche in secondo piano i fondamentali macroeconomici) e valutare se e come cambiare il suo portafoglio finanziario.
Nel prossimo articolo vedremo appunto come investire in una situazione di tassi di interesse negativi.
Si tratta dell’operazione di Quantitative Easing di cui ormai si parla da mesi, operazione che sta condizionando profondamente i mercati finanziari europei (e non solo). Per l’investitore è quindi fondamentale conoscere le caratteristiche di questa operazione e le sue conseguenze.
Il quantitative easing si sostanzia nell’acquisto di titoli obbligazionari, prevalentemente titoli di Stato, da parte della Bce sul mercato secondario. Verranno acquistate obbligazioni con vita residua tra 2 e 30 anni per un controvalore di 60 miliardi al mese dal 9 marzo fino a settembre 2016. Una marea di liquidità che ovviamente condizionerà i mercati, anzi lo sta già facendo da mesi, persino da prima dell’annuncio ufficiale.
Tassi sotto zero
Il primo effetto della politica ultra espansiva della Banca Centrale Europea è quello di ridurre i tassi di interesse sui titoli obbligazionari. Cerchiamo di capire come e perché.Recentemente la Germania ha collocato all’asta titoli di Stato a 5 anni che offrivano un tasso di interesse annuo negativo (-0,08%). Sembra ovviamente assurdo, chi ha acquistato quei titoli non solo non riceverà alcun compenso, ma da qui fino al 2020 ci rimetterà anche qualcosa sul capitale.
Ma non si tratta di un caso unico. Già da quasi un anno le scadenze brevi dei titoli di Stato tedesco offrono rendimenti negativi. Lo stesso dicasi per i titoli dei paesi più affidabili in base al rating: Finlandia, Olanda, Austria e Francia. Addirittura i bot italiani con scadenze brevissime offrono oggi sul mercato rendimenti negativi. Si stima che circa un terzo dei bond sovrani in circolazione nell’Eurozona, un ammontare superiore a mille miliardi, abbia oggi un rendimento sotto zero.
Un fenomeno iniziato mesi fa e che, man mano il Quantitative Easing si avvicinato, si è esteso dalle scadenze più brevi a quelle più lunghe, dai paesi più affidabili ai cosiddetti Piigs.
Perché i rendimenti obbligazionari sono ai minimi
Cerchiamo di capire le ragioni di questo paradosso. Da tempo le banche centrali di tutto il mondo hanno adottato politiche monetarie estremamente espansive per dare uno shock positivo all’economia, colpita prima dalla crisi finanziaria e poi da quella economica.I tassi negativi sui titoli di Stato sono quindi il frutto di questi tentativi della Bce (e di tutte le principali banche centrali) di aumentare la liquidità e abbassare il costo del denaro per favorire i finanziamenti a imprese e famiglie che possano tramutarsi in investimenti e consumi. A questo obiettivo si è aggiunto anche quello di evitare la deflazione, ossia la riduzione dei prezzi, causata sia dalla crisi dei consumi sia da una riduzione dei costi delle materie prime (il petrolio in particolare).
La Bce ha da prima scoraggiato i depositi delle banche. Le banche infatti sono abituate a depositare presso la banca centrale la liquidità in eccesso in attesa di impiego. Lo scorso giugno infatti ha per la prima volta portato ad un livello negativo (-0,10%, ora è a –0,20%) il tasso di interesse che offre sui capitali che le banche europee depositano presso la BCE.
In tal modo è stato scoraggiato il deposito di liquidità presso la banca centrale, cercando di dirottarla verso in altre attività . Dove si è rivolta questa enorme massa di capitali?
Soprattutto verso investimento alternativi ma al contempo considerati sicuri, quindi su depositi interbancari a breve e titoli di Stato sempre a breve termine. Non si è raggiunto quindi in un primo momento l’obiettivo di far arrivare i soldi all’economia reale, ma questa massa di capitali investiti in obbligazioni, per lo più di Stato, ha ridotto in modo drastico i rendimenti di mercato, fino a toccare il segno meno.
Il mercato obbligazionario non è diverso da qualsiasi mercato regolato dalla legge della domanda e dell’offerta. Il rendimento rappresenta il prezzo richiesto da chi acquista. L’aumento della domanda (dovuto appunto agli acquisti delle banche) rispetto poi ad un’offerta statica, non poteva che ridurre questo rendimento.
Di fatto oggi, anche in virtù dei salvataggi con i fondi europei (il fondo Efsf utilizzato per vari paesi periferici) e dell’intervento della BCE, i titoli di Stato sono considerati un investimento con rischio di credito molto basso, inclusi i titoli nostrani.
Oltre ai rendimenti sotto zero, può apparire altrettanto paradossale che oggi l’Italia paghi tassi di interesse così bassi (e persino più bassi degli Stati Uniti) quando la situazione dell’economia reale è pure peggiore rispetto alla crisi dello spread di novembre 2011. Ma questo è l’effetto di una sorta di droga fornita al mercato. Come ogni cura, non è detto che avrà successo, ma di fronte alle mosse della BCE non ci si può opporre e un investitore deve prenderne atto (mettendo per un attimo anche in secondo piano i fondamentali macroeconomici) e valutare se e come cambiare il suo portafoglio finanziario.
Nel prossimo articolo vedremo appunto come investire in una situazione di tassi di interesse negativi.
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