Da questo mese, marzo 2015, sarà possibile richiedere il pagamento del TFR in busta paga sulla base del comma 26 dell'articolo 1 della legge 190/2014. Pur avendo già scritto in merito alla non convenienza dell’operazione, riprendo quindi il tema vista la sua attualità.
La legge prevede la possibilità per i dipendenti del settore privato assunti da almeno sei mesi di richiedere l’anticipo in busta paga del trattamento di fine rapporto (Tfr). La richiesta può essere fatta a partire da lunedì 2 marzo 2015 fino a maggio 2018, presentando all'ufficio del personale della propria azienda il modello di domanda apposito che sarà a breve reso disponibile.
La scelta è vincolante, per cui non sono possibili successivi ripensamenti: il TFR verrà versato in busta paga dal mese successivo alla scelta fino a giugno 2018.
Il primo elemento da considerare è che l’importo del TFR in busta paga sarà soggetto alla tassazione ordinaria Irpef (aliquota marginale in base allo scaglione di reddito più le aliquote aggiuntive per le imposte locali che vanno a regione e comune). Si pagano quindi subito le tasse sul reddito e nella maggior parte dei casi, in misura maggiore. Chi versa poi il Tfr ad un fondo pensione, perderà ovviamente i benefici fiscali della detrazione.
Già in un precedente articolo ho indicato, dati alla mano, che il Tfr in busta paga non conviene. Lo conferma anche un recente studio della Uil: fa pagare più tasse e può far perdere il diritto ai servizi sociali agevolati, alle detrazioni fiscali e agli assegni familiari.
Il Tfr in busta paga infatti, oltre ad aumentare l’importo imponibile Irpef, alza il reddito Isee con il rischio di far perdere le agevolazioni sul costo di alcuni servizi (tariffe asili nido, mense scolastiche, tasse universitarie ecc.).
E si rischia anche di perdere alcune detrazioni. Siccome il Tfr in busta paga si cumulerà con il reddito dell’anno infatti, andrà a incidere sulla determinazione delle detrazioni d’imposta (per familiari a carico, ad esempio) oppure per gli assegni familiari. Solo di detrazioni fiscali, un reddito di 23 mila euro ci rimetterà mediamente 280 euro l’anno.
Il Tfr offre un rendimento pari a 1,5% più il 75% dell’inflazione. Assicura quindi, visto la situazione attuale di inflazione, un rendimento minimo di 1,5%. Poco in tempi normali, ma non oggi e sicuramente di più di tante alternative come i titoli di Stato, per non parlare del conto corrente. Senza considerare che in caso di anticipo del TFR, potrai investire solo la quota al netto di tasse e costi.
La richiesta dovrebbe essere fatta quindi solo a fronte di reali esigenze di liquidità. Ma anche in questo caso, meglio prima vagliare tutte le alternative.
Tra le alternative possibili ricordo che è già possibile, in alcune circostanze previste dalla legge, ottenere anticipazioni del proprio Tfr in azienda o del proprio fondo pensione.
La norma sembra quindi voler trasformare le formiche italiane in cicale al solo fine di ottenere un beneficio immediato, ma senza considerare gli effetti nel lungo termine per le persone che effettueranno la scelta senza le giuste valutazioni.
Il Tfr ha infatti un importante duplice ruolo. Da una parte è un ammortizzatore che consente di mantenersi un “cuscinetto di sicurezza” nel caso di perdita del posto di lavoro. Dall’altra consente di integrare quella che sarà la futura pensione, pensione che alla luce delle nuove regole (sistema contributivo) e dei metodi di calcolo (in base alla crescita del Pil e alla speranza di vita) sarà sempre più magra (e ricordo che non ci saranno più le cosiddette pensioni minime: si prende in base a ciò che si è versato). In entrambi i casi quindi il rischio è di mettere a repentaglio la sicurezza di domani per un effimero consumo odierno.
Lo sottolinea anche il Consiglio di Stato “l'operazione pone più di un problema dal punto di vista previdenziale andando a incidere su uno degli elementi (il trattamento di fine rapporto) che dovrebbe garantire un futuro, insieme all'assegno Inps e alla previdenza complementare, ai pensionati nell'era del contributivo. La spinta ai consumi, eventuale, può anche non giustificare, dunque, la scelta di ridurre il potere d'acquisto degli anni a venire”.
La legge prevede la possibilità per i dipendenti del settore privato assunti da almeno sei mesi di richiedere l’anticipo in busta paga del trattamento di fine rapporto (Tfr). La richiesta può essere fatta a partire da lunedì 2 marzo 2015 fino a maggio 2018, presentando all'ufficio del personale della propria azienda il modello di domanda apposito che sarà a breve reso disponibile.
La scelta è vincolante, per cui non sono possibili successivi ripensamenti: il TFR verrà versato in busta paga dal mese successivo alla scelta fino a giugno 2018.
Tasse e costi
Prima di effettuare la scelta vanno calcolati benefici e costi.Il primo elemento da considerare è che l’importo del TFR in busta paga sarà soggetto alla tassazione ordinaria Irpef (aliquota marginale in base allo scaglione di reddito più le aliquote aggiuntive per le imposte locali che vanno a regione e comune). Si pagano quindi subito le tasse sul reddito e nella maggior parte dei casi, in misura maggiore. Chi versa poi il Tfr ad un fondo pensione, perderà ovviamente i benefici fiscali della detrazione.
Già in un precedente articolo ho indicato, dati alla mano, che il Tfr in busta paga non conviene. Lo conferma anche un recente studio della Uil: fa pagare più tasse e può far perdere il diritto ai servizi sociali agevolati, alle detrazioni fiscali e agli assegni familiari.
Il Tfr in busta paga infatti, oltre ad aumentare l’importo imponibile Irpef, alza il reddito Isee con il rischio di far perdere le agevolazioni sul costo di alcuni servizi (tariffe asili nido, mense scolastiche, tasse universitarie ecc.).
E si rischia anche di perdere alcune detrazioni. Siccome il Tfr in busta paga si cumulerà con il reddito dell’anno infatti, andrà a incidere sulla determinazione delle detrazioni d’imposta (per familiari a carico, ad esempio) oppure per gli assegni familiari. Solo di detrazioni fiscali, un reddito di 23 mila euro ci rimetterà mediamente 280 euro l’anno.
Perché chiedere l’anticipo?
E’ sconsigliabile pensare di chiedere l’anticipo del TFR per poi mantenere i soldi in risparmi. Già oggi, a fronte di una crescente incertezza, gli italiani tendono a preferire i risparmi rispetto ai consumi. E visto i bassi tassi di interesse sul mercato, mantengono una forte quota di depositi sul conto corrente, soldi che di fatto non rendono nulla.Il Tfr offre un rendimento pari a 1,5% più il 75% dell’inflazione. Assicura quindi, visto la situazione attuale di inflazione, un rendimento minimo di 1,5%. Poco in tempi normali, ma non oggi e sicuramente di più di tante alternative come i titoli di Stato, per non parlare del conto corrente. Senza considerare che in caso di anticipo del TFR, potrai investire solo la quota al netto di tasse e costi.
La richiesta dovrebbe essere fatta quindi solo a fronte di reali esigenze di liquidità. Ma anche in questo caso, meglio prima vagliare tutte le alternative.
Tra le alternative possibili ricordo che è già possibile, in alcune circostanze previste dalla legge, ottenere anticipazioni del proprio Tfr in azienda o del proprio fondo pensione.
Meglio il Tfr oggi o la pensione domani?
Le logiche della Legge, da me già criticate, sono chiare: cercare di incentivare i consumi oggi (oltre che aumentare gli introiti delle tasse) a scapito del risparmio e quindi del reddito futuro.La norma sembra quindi voler trasformare le formiche italiane in cicale al solo fine di ottenere un beneficio immediato, ma senza considerare gli effetti nel lungo termine per le persone che effettueranno la scelta senza le giuste valutazioni.
Il Tfr ha infatti un importante duplice ruolo. Da una parte è un ammortizzatore che consente di mantenersi un “cuscinetto di sicurezza” nel caso di perdita del posto di lavoro. Dall’altra consente di integrare quella che sarà la futura pensione, pensione che alla luce delle nuove regole (sistema contributivo) e dei metodi di calcolo (in base alla crescita del Pil e alla speranza di vita) sarà sempre più magra (e ricordo che non ci saranno più le cosiddette pensioni minime: si prende in base a ciò che si è versato). In entrambi i casi quindi il rischio è di mettere a repentaglio la sicurezza di domani per un effimero consumo odierno.
Lo sottolinea anche il Consiglio di Stato “l'operazione pone più di un problema dal punto di vista previdenziale andando a incidere su uno degli elementi (il trattamento di fine rapporto) che dovrebbe garantire un futuro, insieme all'assegno Inps e alla previdenza complementare, ai pensionati nell'era del contributivo. La spinta ai consumi, eventuale, può anche non giustificare, dunque, la scelta di ridurre il potere d'acquisto degli anni a venire”.
Buongiorno,
RispondiEliminaringrazio per l'articolo, come sempre chiaro e utile!
Sicuramente in casi "normali" e quando non vi sia esigenza pressante di liquidità immediata non è il caso di richiedere questo anticipo, ma ho un dubbio circa un caso un po' "speciale".
Si tratta del contribuente che abbia Irpef inferiore alle detrazioni spettanti, in quel caso con l'anticipo mensile del trf si avrebbe un aumento dell'imponibile e di conseguenza più margine per le detrazioni. Sbaglio?
Grazie.
Raffaella