Spesso sui giornali si parla di de-dollarizzazione e si è tornati a parlarne dopo il recente incontro e allargamento dei cosiddetti paesi Brics. Con questo termine non si intende tanto la svalutazione del dollaro ma la perdita del suo potere di esser la moneta di riferimento negli scambi globali e nelle riserve delle banche centrali.
L’idea della cosiddetta de-dollarizzazione circola da decenni. Ma ill biglietto verde rappresenta tuttora quasi il 60% delle riserve in valuta estera su scala mondiale, anche se in calo dal 78% alla fine del secolo scorso, seguito dall’euro con il 21% (quindi l'euro-dollaro pesa per oltre l'80%). È usato in oltre l’80% delle transazioni in valuta ed è lo strumento base per il commercio globale e lo scambio di cruciali commodities come il petrolio. Costituisce inoltre la valuta-rifugio per eccellenza per gli investitori.
L’ultima insidia è giunta dai Brics, rappresentanti da: Cina, Russia, India, Sudafrica e Brasile che hanno deciso di ammettere altri sei Paesi - Iran, Arabia Saudita, Egitto, Argentina, Emirati Arabi e Etiopia - in un allargamento definito storico dal leader cinese Xi Jinping. E per Cina e Russia, cuore di un asse anti-dollaro per ragioni politiche oltre che economiche, la scommessa è quella di strappare crescente influenza (o minor isolamento per Mosca).
Ma scalzare il dollaro, stabile e sicuro con la sua rete di influenza economica e diplomatica, resta al momento una mission impossibile. Soppiantare la moneta americana quale valuta di riserva richiederebbe decenni. Un dominio in commercio e finanza che rimarrà a lungo «nonostante le sfide» e in un quadro di sistemi valutari più multipolare.
La stessa minaccia dei paesi Brics appare ora ancora più debole perché più sono meno potranno operare di comune accordo. Paradossalmente era preferibile rimanessero i tradizionali 5. Ma se già questi ultimi presentano differenze essenziali nei loro interessi e nei loro rapporti con l'Occidente, l'attuale ampliamento non fa che aumentare il divario e le difficoltà .
Una vera divisa alternativa, targata Brics o altro richiederebbe molto di più: istituzioni, standard e livelli di coordinamento e sicurezza oggi lontani e difficili anche da immaginare. Inoltre chi si fiderebbe nell'affidarsi a valute gestite dai cinesi o dai russi, campioni di trasparenza. Per non parlare dei paesi arabi o dell'Argentina che ogni 20 anni va in default. Il commercio e le riserve si basano sulla sicurezza e con tutti i problemi che già ci sono non vogliono certo aggiungerne altri. Il re dollaro, con i suoi alleati europei, rimane e rimarrà così sul trono a lungo. Solo una politica scriteriata da parte degli Usa potrà scalfirlo, non certo una concorrenza che sembra l'armata brancaleone formata da paesi che a parte questo non sono d'accordo su quasi nulla.
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