Questo articolo fa seguito a quello in cui ho consigliato l'acquisto di obbligazioni (e Btp quindi) e quello in cui ho ripreso alcuni commenti negativi di promotori e consulenti finanziari in merito all'ultima emissione di Btp Italia, smontandone le accuse.
Oggi concludo questa diciamo serie di articoli partendo da un'intervista a un promotore che mi ha colpito. Del resto già il titolo era sorprendente "Perché oggi non ha senso comprare un bond in emissione?". Appena l'ho letto mi sono appunto chiesto: perchè no?
Vediamo i punti principali dell'intervista per analizzare le ragioni ma soprattutto le inesattezze.
Perché dovrei pagare 100 per investire in un titolo che, se tutto va bene, ricordiamocelo, mi rimborserà i 100 di partenza, quando il mercato è pieno di obbligazioni ben sotto la pari, che mi garantiscono oltre al rendimento cedolare anche un guadagno in conto capitale? Pensate che la percentuale di bond sotto la pari si aggira attorno all’80% perfino in uno short term, garantendo yield to maturity mai visti prima.
Questa frase dal punto di vista finanziario non ha alcun senso e francamente denota una grave ignoranza in materia, sempre che in realtà non sia voluta per nascondere il vero obiettivo, che vedremo dopo. Se un titolo quota sotto 100 è perché offre un tasso di interesse inferiore a quello di mercato, a parità di altre caratteristiche (durata, qualità emittente etc.). Sarebbe ridicolo pensare che gli istituzionali che comprano i Btp in collocamento siano così stupidi di non acquistare l'analogo titolo già collocato e quotato sotto 100. Alla fine i rendimenti si equiparano.
Il titolo all’emissione va valutato in base ai “concorrenti di mercato”. Il nuovo titolo a volte, proprio per spingerne il collocamento, può pure offrire evidenti vantaggi. Il caso più eclatante è stata la recente emissione di Eni che comprata a 100 ha esordito sul mercato sopra i 102 con un guadagno immediato, e anche ora ha subito meno il calo dei prezzi restando abbondantemente oltre 101.
Un altro motivo per cui non compro singole emissioni è la diversificazione, perché concentrare tutto su un solo titolo quando nei più importanti fondi ce ne sono anche alcune migliaia? E perché dovrei scegliere un titolo con rating basso come i Btp - se fossero così sicuri avrebbero un rating tripla A, o no?- quando posso averne una quantità enorme, con rating molto più alto e li posso comprare sotto la pari?
Qui si comincia già a capire il solito conflitto di interessi. Non è tanto l'obbligazione in emissione che è sconsigliata, ma la singola emissione. Ovviamente è vero che la diversificazione è opportuna, ma nulla vieta di affiancare ai fondi anche singoli titoli. E soprattutto perché non i più economici e efficienti Etf invece che i soliti fondi obbligazionari collocati da banche e reti di promotori?
Ricordiamo ai clienti però, che anche se facessero versamenti unici, e i tassi continuassero il percorso di rialzi a lungo, i cali dei fondi sarebbero minori di quelli di una singola emissione.
Anche questa affermazione è ridicola e non se ne capiscono le basi finanziarie. Se stiamo
alla teoria, il prezzo di un’obbligazione (e quindi vale lo stesso per
un paniere di bond come sono i fondi) subisce un maggior effetto dalla
variazione dei tassi di mercato al crescere della duration modificata.
Se i tassi si alzano, con un Btp a 2-3 anni sicuramente subisco una perdita inferiore rispetto a un fondo con bond a scadenza medio-lunga. Basta giusto vedere quanto successo nel 2022 dove i fondi obbligazionari sono crollati (e dovrei capire quale consulente nel 2022 ha mantenuto nel portafoglio dei clienti simili prodotti con un rapporto rischio-rendimento palesemente assurdo. Forse proprio quelli che consigliano i fondi invece dei singoli titoli?).
Ma per capire le vere ragioni di queste affermazioni, torniamo all'inizio dell'intervista:
Qualche cliente mi chiede cosa penso dei titoli di Stato e delle obbligazioni in generale.Eccola la risposta. Mi sembra che questo caso si accompagni a quello dei promotori e consulenti finanziari che sconsigliavano il Btp Italia. La logica, o meglio la paura, è che se il risparmiatore si rivolge ai titoli di stato, lo può far da solo e soprattutto le reti bancarie non prendono le laute commissioni del gestito. Si nota ormai come nel settore con l'aumento dei tassi di mercato ci sia lo spauracchio delle obbligazioni che fanno competizione ai fondi. Paura comprensibile ma se il consulente fa l’interesse del cliente non può esimersi oggi dal consigliare anche singole obbligazioni nel portafoglio, anche di nuova emissione. Il resto è nonsense finanziario che se detto in buona fede, denota ignoranza sul tema.
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