Pochi giorni fa è stato diffuso il dato dell’inflazione italiana a ottobre 2021. Una crescita dei prezzi del 2,9% come da tempo non si vedeva. Nonostante sia ampiamente sotto il dato europeo: 4,1%. Sono dati ancora parziali ma già significativi. L’inflazione è tornata, anche se molti a partire dai governatori delle Banche Centrali, sminuiscono il pericolo affermando sia un fenomeno transitorio.
Tuttociò mentre per le politiche monetarie di BCE e co. i tassi di interesse sul mercato rimangono nulli se non negativi. Anche ora, dopo che c’è stato un aumento dello spread Bund-Btp, per ottenere un rendimento netto lievemente positivo su un Btp bisogna andare sulle scadenze del 2025. E anche oltre se si considera l’imposta di bollo. Del resto circa il 70% dei titoli governativi a livello globale ha un rendimento pari o inferiore all’1% e quasi il 30% presenta rendimenti negativi. Il risparmiatore italiano è quindi spiazzato da questa dicotomia: inflazione alta ma rendimenti bassi. Anche il tradizionale rifugio dei conti deposito oggi non è in grado di proteggerli.
L’inflazione è causata anzitutto dall’aumento delle materie prime, la cui domanda è esplosa sia per la forte ripresa post covid sia per i cambiamenti in atto nel sistema produttivo per far fronte alla transazione ecologica e a una diversa organizzazione della filiera dei fornitori. Ma l'inflazione oggi viene veramente avversata come si dice a parole?
Repressione finanziaria e debito pubblico
Prendendo la definizione di wikipedia “Con il termine tecnico repressione finanziaria si intende una situazione economica in cui il risparmio genera rendite molto basse, inferiori al tasso di inflazione. Di conseguenza il tasso di interesse reale dei titoli del debito pubblico è negativo. Si tratta quindi di una forma indiretta e non esplicita di ristrutturazione del debito pubblico”.
Sempre la pagina di wikipedia ricorda come nel dopoguerra proprio questa situazione ha contribuito a erodere il debito pubblico generato dalle ingenti spese di guerra. E’ abbastanza scontato il collegamento alla pandemia attuale, più volte definita come una guerra per i suoi effetti.
L’idea che viene diffusa è che sarà la crescita dei Pil spinta dai forti investimenti pubblici a render sostenibili i debiti senza interventi eccezionali. In contemporanea al permanere di tassi di interesse molto bassi grazie alle politiche monetarie ma anche a una presenza di risparmi superiori agli investimenti (sempre a fronte dei tanti sostegni elargiti).
Si parla poco, anche perché sarebbe impopolare, di repressione finanziaria. Del resto proprio fino a 50 anni fa i tassi in Italia venivano calmierati con una soluzione simile, costringendo le banche a acquistare titoli di Stato, aumentando artificialmente la domanda e quindi aumentando il prezzo (e di conseguenza riducendo il rendimento). Negli stati occidentali non esiste più la repressione finanziaria esplicita, che consiste nell’offrire titoli a tassi di interessi sotto i rendimenti di mercato. Es. i tassi di mercato sono al 5%, ma lo Stato piazza i titoli al 3%. Esistono però forme implicite di repressione, appunto quelle che fanno ricorso al finanziamento monetario dei deficit pubblici.
Questa situazione rappresenta per chi detiene risparmi una sorta di tassazione implicita. Riprendendo l’esempio precedente, se i titoli di stato dovrebbero rendere il 5% ma sono piazzati al 3%, equivale a una tassazione del 2% sui risparmi. Una situazione che sui mercati occidentali, specie in Europa, è presente da tempo. Ma oggi è aggravata pesantemente dall’inflazione che rende più palese che chi risparmia e investe nei titoli del reddito fisso sta perdendo soldi.
La repressione finanziaria di fatto attua silenziosamente una redistribuzione di ricchezza da coloro che sono dotati di risparmio a coloro che ne sono privi (come lo Stato), anziché il contrario. Redistribuzione ulteriormente aumentata dall’esplosione di bonus, aiuti e incentivi pubblici di varia natura.
Di fronte alla sensibile crescita dell’inflazione non traspare una reale preoccupazione da parte delle istituzioni politiche e finanziarie. C’è però anche qualcosa di non detto. O meglio, leggendo bene le risposte, ci si nasconde dietro al fatto che il boom dell'inflazione sarebbe transitorio ma poi ritornerà ai livelli naturali. Ma con livelli naturali si intende un tasso vicino al 2%, che sono appunto i target della politica monetaria di Bce e Fed. Un livello sempre di gran lunga superiore ai rendimenti risicati degli investimenti a reddito fisso (obbligazioni, cd etc.).
Il fatto è che data l’enormità del debito accumulato nell’economia globale, l’inflazione è diventata un’opzione politicamente desiderabile come lo fu nel dopoguerra. La scelta fatta è di gestire i giganteschi debiti mantenendo un tasso di interesse reale pari a zero o negativo, pertanto anche se non si può dire perché politicamente scomodo, si chiude tranquillamente un occhio di fronte agli attuali aumenti dei prezzi in quanto l’alternativa (nuove crisi e rischi di default) viene considerata peggiore.
Come difendersi?
Per il risparmiatore il problema non è se la crescita dell’inflazione attuale è un fenomeno transitorio. Semmai se e fino a quando permarranno tassi reali negativi (i rendimenti al netto dell’inflazione) che riducono il potere di acquisto dei propri risparmi. Il boom delle Borse mondiali è spinto proprio da questa fame di rendimenti oltre che dall’ingente mole di liquidità fornita dalle banche centrali. Ma chiaramente un piccolo risparmiatore non può investire quote eccessive sulle Borse, a maggior ragione ora che sono cresciute molto.
Non a caso enormi masse di liquidità sono ferme sui conti correnti, bloccate dall’incertezza di chi era abituato a investire in titoli di stato e obbligazioni bancarie che oggi non rendono nulla.
Come già detto, resta valida l’alternativa dei conti deposito, soprattutto quelli offerti da piccole realtà che non accedendo direttamente alla liquidità della BCE possono averne bisogno. Recentemente è uscita sul mercato Aidexa che propone rendimenti fino al 2% a 2 anni (vincolati e con una serie di regole che ti invito a leggere). Proposta che si aggiunge ai conti liberi di FCA Bank, Banca Progetto e Findomestic.
Consapevoli che sono soluzioni che riducono i danni, perché il rendimento reale (ancor più se si considera bollo e imposta sostitutiva del 26%) rimane negativo. Ma come recita un famoso detto milanese “Piutost che nient l'è mej piutost”.
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