Negli ultimi mesi ho ricevuto alcune domande o segnalazioni in merito al rimborso di buoni fruttiferi postali emessi fino al 1986.
Questi buoni postali, in genere di durata trentennale, vengono infatti rimborsati da Poste Italiane non sulla base del valore riconosciuto sul retro del documento, ma ad un valore inferiore rifacendosi al D. M. del 13/06/86. Sul tema ci sono state varie sentenze, sia della giustizia ordinaria sia dell’Arbitro Bancario Finanziario. Occorre premettere che queste sentenze sono sempre state a favore delle Poste (e di CDP che emette di fatto i buoni) salvo alcune particolari eccezioni.
Il D. L. 30/09/1974 n. 460 (convertito in Legge 25/11/1974 n. 588) aveva introdotto la possibilità di variare i tassi di interesse riconosciuti dai buoni postali (e trascritti in una tabella riportata sul retro dei buoni stessi) anche successivamente alla loro emissione tramite appositi Decreti Interministeriali del Tesoro.
La norma aveva lo scopo di adeguare i tassi d'interesse all'andamento del mercato finanziario. Siamo nel periodo post crisi petrolifera, l’intento iniziale del Legislatore era quindi di tutelare i possessori di buoni, visto che in quel periodo l’inflazione e i tassi di mercato venivano perentoriamente aumentati.
Difatti i primi interventi di variazione aumentarono i tassi di interesse riconosciuti (Decreti istitutivi delle serie "M", "N", e "O" rispettivamente del 22/02/1975, 22/06/1976 e 15/06/1981). L’ultima variazione, intervenuta con D. M. del 13/06/86 (istituzione serie "Q" ) prevedeva invece una diminuzione dei tassi d'interesse delle serie emesse in precedenza.
Tale decreto stabiliva quindi, oltre all’emissione di una nuova serie di buoni (la serie Q appunto), la variazione dei tassi di interesse riconosciuti anche sui buoni postali emessi in precedenza. In questo modo si stabiliva che il rendimento dei titoli non doveva più essere rilevato tramite la tabella stampata sul retro del documento, bensì da appositi Prontuari messi a disposizione presso gli Uffici Postali.
Molti di questi vecchi buoni stanno ora arrivando alla loro scadenza trentennale. E i possessori di questi buoni, leggendo i rendimenti previsti sul retro del titolo, rimangono giustamente delusi al momento della riscossione. Le Poste infatti pagano meno interessi di quelli indicati, perché il D. M. del 13/06/86 ha convertito "forzatamente" tutti i BFP della serie precedenti (O, P, N etc.) in BFP della serie Q a partire dal 1/1/1987. In sostanza tutti i precedenti buoni sono stati virtualmente riscossi al valore del 31/12/1986 e poi trasformati in BFP della serie Q (con tassi inferiori).
Ma in realtà il caso giudicato dalla Corte di Cassazione è molto particolare, e soprattutto non fa riferimento a buoni postali emessi prima del 1987.
Il caso si riferisce a buoni postali emessi fino a giugno 1997 ma venduti a luglio, quando i nuovi buoni collocati prevedevano rendimenti inferiori. Nulla di strano, era infatti prassi operare in tal modo. Solo che in questi casi l’impiegato postale doveva timbrare e siglare il vecchio buono, indicando che faceva riferimento alla nuova serie emessa a luglio (sancendo quindi l’invalidità della tabella dei tassi di interesse riportata a tergo).
Nel caso giudicato invece mancavano i timbri, per cui la Corte di Cassazione ha stabilito che gli interessi da pagare erano quelli stampati dietro il buono, anche se di fatto collocato in un mese in cui i tassi erano inferiori.
Il presupposto della sentenza è che la legge del 1986 valeva per i buoni emessi in precedenza, e non poteva quindi applicarsi a fattispecie collocate successivamente. Non ha alcuna efficacia quindi, verso il risparmiatore, l’emanazione del provvedimento ministeriale che disponeva l’emissione di una nuova serie di buoni a rendimento ridotto.
Occorre quindi distinguere due casistiche:
Siamo un paese giuridicamente molto strano e in cui non si può certo dire che esista la certezza del Diritto. Ma verificato che la Sentenza della Corte di Cassazione del 2007 di cui sopra fa riferimento ad un caso molto particolare, rimane difficile pensare che la sentenza di un giudice di pace (sentenza a cui le Poste hanno fatto ricorso) possa avere molto valore giuridico di fronte a sentenze giudiziarie precedenti di parere contrario.
Mi sento di condividere quanto risposto dall’ADUC (vedi box sotto), in particolare di fare attenzione ad avvocati e associazioni che cercano di sfruttare queste occasioni per percepire compensi lasciando intendere che ci sono ottime possibilità di vittoria sulla base della sentenza del 2007:
Questi buoni postali, in genere di durata trentennale, vengono infatti rimborsati da Poste Italiane non sulla base del valore riconosciuto sul retro del documento, ma ad un valore inferiore rifacendosi al D. M. del 13/06/86. Sul tema ci sono state varie sentenze, sia della giustizia ordinaria sia dell’Arbitro Bancario Finanziario. Occorre premettere che queste sentenze sono sempre state a favore delle Poste (e di CDP che emette di fatto i buoni) salvo alcune particolari eccezioni.
Leggi sui rendimenti dei buoni postali
Veniamo quindi ad analizzare le leggi che definiscono la vicenda.Il D. L. 30/09/1974 n. 460 (convertito in Legge 25/11/1974 n. 588) aveva introdotto la possibilità di variare i tassi di interesse riconosciuti dai buoni postali (e trascritti in una tabella riportata sul retro dei buoni stessi) anche successivamente alla loro emissione tramite appositi Decreti Interministeriali del Tesoro.
La norma aveva lo scopo di adeguare i tassi d'interesse all'andamento del mercato finanziario. Siamo nel periodo post crisi petrolifera, l’intento iniziale del Legislatore era quindi di tutelare i possessori di buoni, visto che in quel periodo l’inflazione e i tassi di mercato venivano perentoriamente aumentati.
Difatti i primi interventi di variazione aumentarono i tassi di interesse riconosciuti (Decreti istitutivi delle serie "M", "N", e "O" rispettivamente del 22/02/1975, 22/06/1976 e 15/06/1981). L’ultima variazione, intervenuta con D. M. del 13/06/86 (istituzione serie "Q" ) prevedeva invece una diminuzione dei tassi d'interesse delle serie emesse in precedenza.
Tale decreto stabiliva quindi, oltre all’emissione di una nuova serie di buoni (la serie Q appunto), la variazione dei tassi di interesse riconosciuti anche sui buoni postali emessi in precedenza. In questo modo si stabiliva che il rendimento dei titoli non doveva più essere rilevato tramite la tabella stampata sul retro del documento, bensì da appositi Prontuari messi a disposizione presso gli Uffici Postali.
Molti di questi vecchi buoni stanno ora arrivando alla loro scadenza trentennale. E i possessori di questi buoni, leggendo i rendimenti previsti sul retro del titolo, rimangono giustamente delusi al momento della riscossione. Le Poste infatti pagano meno interessi di quelli indicati, perché il D. M. del 13/06/86 ha convertito "forzatamente" tutti i BFP della serie precedenti (O, P, N etc.) in BFP della serie Q a partire dal 1/1/1987. In sostanza tutti i precedenti buoni sono stati virtualmente riscossi al valore del 31/12/1986 e poi trasformati in BFP della serie Q (con tassi inferiori).
Le sentenze a favore dei risparmiatori
Come detto varie sentenze hanno dato ragione alle Poste, inclusa una sentenza della Corte di Cassazione (33/2003) e il parere dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF Decisione N. 1307 del 08 marzo 2013).Sentenza 13979 della Corte di Cassazione
Ci sono però anche stati alcuni casi contrari. Il più noto è la Sentenza di Cassazione del 15-6-2007 n° 13979 che ha sancito il riconoscimento degli interessi stampati sul retro del buono.Ma in realtà il caso giudicato dalla Corte di Cassazione è molto particolare, e soprattutto non fa riferimento a buoni postali emessi prima del 1987.
Il caso si riferisce a buoni postali emessi fino a giugno 1997 ma venduti a luglio, quando i nuovi buoni collocati prevedevano rendimenti inferiori. Nulla di strano, era infatti prassi operare in tal modo. Solo che in questi casi l’impiegato postale doveva timbrare e siglare il vecchio buono, indicando che faceva riferimento alla nuova serie emessa a luglio (sancendo quindi l’invalidità della tabella dei tassi di interesse riportata a tergo).
Nel caso giudicato invece mancavano i timbri, per cui la Corte di Cassazione ha stabilito che gli interessi da pagare erano quelli stampati dietro il buono, anche se di fatto collocato in un mese in cui i tassi erano inferiori.
Il presupposto della sentenza è che la legge del 1986 valeva per i buoni emessi in precedenza, e non poteva quindi applicarsi a fattispecie collocate successivamente. Non ha alcuna efficacia quindi, verso il risparmiatore, l’emanazione del provvedimento ministeriale che disponeva l’emissione di una nuova serie di buoni a rendimento ridotto.
Occorre quindi distinguere due casistiche:
- buoni ante decreto 1986: sono tutti convertiti in serie Q dal 1987, per cui non ha rilevanza la tabella interessi sul retro del titolo;
- buoni collocati dopo il decreto: vale quanto riportato sul buono, salvo siano apposti timbri che indichino che per i rendimenti si fa riferimento ad un’altra serie.
Giudice di Pace di Novara
Il 19 ottobre 2013 il Giudice di Pace di Novara ha dato ragione ai risparmiatori anche per buoni emessi nel 1983, quindi prima del DM del 1986. Su questa base, e anche sulla precedente sentenza della Corte di Cassazione, alcune (ma non tutte) associazioni di consumatori e avvocati stanno consigliando di intraprendere azioni giudiziarie.Siamo un paese giuridicamente molto strano e in cui non si può certo dire che esista la certezza del Diritto. Ma verificato che la Sentenza della Corte di Cassazione del 2007 di cui sopra fa riferimento ad un caso molto particolare, rimane difficile pensare che la sentenza di un giudice di pace (sentenza a cui le Poste hanno fatto ricorso) possa avere molto valore giuridico di fronte a sentenze giudiziarie precedenti di parere contrario.
Mi sento di condividere quanto risposto dall’ADUC (vedi box sotto), in particolare di fare attenzione ad avvocati e associazioni che cercano di sfruttare queste occasioni per percepire compensi lasciando intendere che ci sono ottime possibilità di vittoria sulla base della sentenza del 2007:
Secondo noi è estremamente complesso agire. Le leggi dell'epoca consentivano quel decreto ministeriale che intervenne sulle serie esistenti dei Buoni Postali Fruttiferi. Il decreto era quindi pienamente legittimo ed i tanti tentativi giudiziari fino ad oggi avvenuti si sono sempre risolti a favore delle Poste e della Cassa Depositi e Prestiti, che dei buoni è l'emittente. Di sicuro non suggeriamo di impiegare tempo e danaro in una vertenza del genere.Consiglio piuttosto di seguire l'esito del ricorso fatto dalle Poste Italiane alla sentenza del giudice di pace, di cui si è chiusa la parte di dibattimento in diverse udienze e si è ora in attesa della decisione finale. Purtroppo con la giustizia italiana è difficile fare previsioni sui tempi, potrebbe arrivare a breve ma anche tra diversi mesi (senza considerare che è poi sempre possibile l'appello). Pubblicherò comunque sul blog eventuali novità in merito.
In base a cosa il giudice di pace di Novara ha dato ragione ai risparmiatori?
RispondiEliminanon conosco bene la sentenza, ma dovrebbe aver fatto riferimento proprio alla sentenza della corte di cassazione
RispondiEliminaA parere dello scrivente i buoni fruttiferi postali emessi prima dell'emanazione del decreto ministeriale tesoro 13 giugno 1986 che ha modificato gli interessi sui buoni in questione dovrebbero essere corrisposti come da tabella indicata sul retro del buono.
RispondiEliminaIl D.P.R.156/73 all'articolo 173 aveva previsto che gli interessi potevano subire variazioni. In considerazione di ciò, le Poste italiane non dovevano emettere i buoni fruttiferi postali senza la clausola di trasparenza inerente all'art.173 citato, che prevedeva come accennato innanzi la variazione degli interessi.
Le Poste italiane non possono certamente venire meno alle regole che regolano il contratto.
Il Giudice di Pace di Novara non ha emesso una sentenza ma un decreto ingiuntivo che è cosa ben diversa. Quest'ultimo, infatti, viene emesso sulla base delle allegazioni di parte e quindi il Giudice di Pace non è entrato nel merito della questione, mentre il vero contraddittorio con le Poste si è instaurato solo a seguito dell'opposizione a decreto ingiuntivo successivamente proposta.
RispondiEliminaE alla luce della nuova sentenza di qualche giorno fa cosa consiglia di fare? Ritiene sempre inutile intentare causa? Ho un buono serie P del 1985 in scadenza...
RispondiEliminaRoberto
Ad oggi ci sono degli aggiornamenti su BPF serie P del 1985? Anche io ne ho alcuni in scadenza...
RispondiEliminasono molto deluso
RispondiEliminaanch'io ho un buono serie P.. del 13 giugno 1986...più che deluso mi sento truffato, raggirato, rapinato
RispondiEliminaPosseggo un buono di quelli decurtati (dalla legge Goria del 1986) originariamente emesso nel 1982 con la vecchia tabella O ma poi modificato in serie Q . A seguito di smarrimento lo abbiamo poi duplicato nel 1994 ma Il duplicato ha mantenuto la serie O sia sul fronte che sul retro e non riporta alcuna tabella sul retro con i nuovi tassi piuttosto un testo che recita : ”Per il saggio d’interesse fare riferimento al prontuario e alla data di emissione del titolo”.
RispondiEliminaDa premettere che io ho ereditato il titolo insieme ad un opuscolo con la tabella degli interessi della vecchia serie O e nel 1994 (quando fu fatto il duplicato) avevo solo 13 anni ,quindi non potevo sapere della “minor corresponsione d’interessi” a meno che non avessero apposto sul retro del buono la nuova tabella Q. Ho scoperto tutto solo ora!! Secondo voi , in base alle leggi sulla trasparenza bancaria del 1993 che obbligano alla presenza dei tassi di rendimento in un contratto , non avrebbero dovuto mettere la nuova tabella Q con i tassi di riferimento in calce sul retro per farmi sapere del taglio dei tassi sopraggiunto nel 1986 ??
Potrei secondo voi tentare una causa di risarcimento?
Grazie per una vostra eventuale risposta
Giovanni
anche io ne ho uno serie P del 85. Qualcuno sa consigliarmi cosa fare?
RispondiElimina