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07/10/25

Rating e obbligazioni: cosa devono sapere i piccoli investitori

L’equilibrio dei conti pubblici mondiali è sempre più instabile, scosso dalle turbolenze politiche ed economiche. In questo scenario, un elemento cruciale per chi investe in obbligazioni è il rating, cioè la valutazione di affidabilità finanziaria di chi emette il debito.

Negli ultimi mesi il quadro europeo si è ribaltato: l’Italia, la Spagna e la Grecia – un tempo considerate fragili – vedono migliorare i loro giudizi, mentre la Germania e la Francia, ex campioni di virtuosità, sono finite sotto osservazione per deficit e debito in crescita.

 

Cosa sono i rating e perché contano

I rating vengono assegnati dalle agenzie specializzate (Fitch, Moody’s, S&P Global Ratings, Morningstar Dbrs e la europea Scope Ratings) e si esprimono con sigle che vanno dalla AAA (massima affidabilità) fino alla D (default, fallimento).

 

In pratica, un rating alto segnala che l’emittente – sia esso uno Stato o un’azienda – ha una bassa probabilità di non ripagare i suoi debiti; un rating basso, invece, indica rischio elevato.

Per i piccoli investitori, questo si traduce in un concetto semplice: più alto è il rischio, più alto sarà il rendimento promesso da un’obbligazione. Ma attenzione: rendimenti elevati non sono mai gratis, sono il “premio” per il rischio assunto.

 

📌 Glossario rapido

AAA – Massimo livello di rating assegnato a un emittente o a un titolo, indica affidabilità molto elevata.

BBB – Livello di rating considerato ancora “investment grade”, cioè investimento sicuro, ma vicino alla soglia speculativa.

Junk bond – Obbligazione “spazzatura”: titolo ad alto rischio e rendimento, con rating inferiore a BBB.

Outlook – Indicazione delle prospettive future sul rating di un titolo o emittente (può essere “positivo”, “stabile” o “negativo”).

 

I riflessi sul mercato dei bond

I mercati obbligazionari non si muovono solo in base ai rating. Anzi, spesso reagiscono più rapidamente alle decisioni delle banche centrali sui tassi di interesse, o a improvvisi scossoni politici ed economici, mentre i rating arrivano in ritardo.

Un esempio recente è la Francia, declassata dopo l’impennata del deficit. Gli investitori avevano già “scontato” il problema nei prezzi dei titoli, ma il taglio ufficiale del rating ha aumentato la pressione sul mercato. Al contrario, Paesi come Grecia e Cipro, una volta in crisi, oggi vedono lo spread ridursi grazie a una maggiore fiducia degli operatori.

rating e obbligazioni

 

Rating e rendimenti: il legame (imperfetto)

Nel lungo periodo, rendimenti e rating tendono a muoversi insieme: chi ha un rating alto paga meno interessi sul debito, chi ha un rating basso deve offrire di più per convincere gli investitori.

Ma nel breve ci possono essere divari pericolosi:

  • I mercati possono reagire con eccessiva paura a una notizia negativa.

  • Oppure, al contrario, possono essere troppo indulgenti e sottovalutare i rischi.

In entrambi i casi, l’investitore rischia di ritrovarsi con titoli che rendono troppo poco rispetto al rischio reale.

 

Cosa significa per i piccoli investitori

Chi acquista bond dovrebbe sempre:

  1. Controllare il rating dell’emittente, perché è il punto di partenza per capire il rischio.

  2. Osservare i rendimenti sul mercato: se un titolo offre troppo poco rispetto al rischio, forse non conviene.

  3. Diversificare: non puntare mai tutto su un singolo Paese o settore.

  4. Valutare l’orizzonte temporale: i rating possono cambiare e, con essi, il prezzo dei bond

     

Il rating non è una verità assoluta, ma un termometro utile per orientarsi nel mare delle obbligazioni. Il piccolo investitore dovrebbe considerarlo come un semaforo: verde se alto, giallo se medio, rosso se basso.
Il mercato, con i suoi prezzi e rendimenti, aggiunge sfumature che solo un’attenta osservazione può cogliere.


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