La tassazione dei dividendi esteri rappresenta un tema complesso e di grande attualità , al centro di numerosi interventi giurisprudenziali e dibattiti dottrinali. L’attuale normativa italiana si presenta non solo frammentaria, ma anche potenzialmente in contrasto con i principi costituzionali e le disposizioni dell’Unione Europea. Le problematiche principali emergono dalla disparità di trattamento fiscale basata sulla modalità di incasso dei dividendi e dalle difficoltà pratiche di recupero del credito d’imposta per le somme già tassate all’estero.
Le basi imponibili differenziate: un trattamento iniquo
Uno degli aspetti più critici riguarda la disparità di tassazione tra i dividendi canalizzati tramite intermediario italiano e quelli percepiti direttamente all'estero. Nel primo caso, i dividendi subiscono una ritenuta alla fonte del 26% applicata sull'importo netto dopo la tassazione estera, portando a un carico impositivo effettivo pari al 37,1%.
Nel secondo caso, i dividendi sono tassati direttamente in dichiarazione al 26% sull’intero importo lordo, generando un carico effettivo del 41%. Questa differenza, regolata dall’articolo 23, comma 4, del DPR 600/73 e dall’articolo 18 del TUIR, appare in palese violazione del principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione.
Recupero del credito d’imposta estero
Il recupero del credito per le imposte assolte all’estero costituisce un altro nodo critico. L’articolo 165 del TUIR limita il credito d’imposta ai casi in cui il reddito estero concorra alla formazione del reddito complessivo, escludendo quindi i regimi di imposizione sostitutiva. Tuttavia, la giurisprudenza degli ultimi anni ha chiarito che, in forza degli articoli 169 del TUIR e 75 del DPR 600/73, il diritto convenzionale prevale su quello nazionale, permettendo il recupero del credito anche in presenza di regimi sostitutivi.
Sentenze come quelle della Cassazione (25698/22, 10204/24) e delle Commissioni tributarie locali hanno consolidato questo principio, ma la sua applicazione pratica resta problematica. L’assenza di una procedura chiara per il recupero immediato del credito costringe i contribuenti a ricorrere a richieste di rimborso, un processo lungo e spesso soggetto a contenziosi. Questa situazione penalizza i contribuenti e aumenta il carico burocratico, evidenziando la necessità di una riforma normativa.
Proposte di riforma: semplificazione e equitÃ
Per risolvere le problematiche attuali e ridurre i contenziosi, è indispensabile un intervento normativo che uniformi il trattamento fiscale dei dividendi esteri, eliminando le disparità tra le modalità di incasso e semplificando il recupero del credito d’imposta. Tra le soluzioni operative possibili:- Uniformare le basi imponibili: Allineare la tassazione dei dividendi canalizzati tramite intermediario a quella dei dividendi incassati direttamente all’estero, garantendo in entrambi i casi il pieno recupero del credito d’imposta previsto dai trattati internazionali.
- Modificare i modelli dichiarativi: Adattare i modelli fiscali per consentire il recupero immediato del credito d’imposta in dichiarazione, come già avviene per il quadro RW in relazione all’Ivie. Questo approccio semplificherebbe il processo per i contribuenti che operano in regime dichiarativo.
- Certificazione del credito da parte degli intermediari: Introdurre l’obbligo per gli intermediari di certificare il credito d’imposta estero, rendendolo immediatamente fruibile dai contribuenti nella dichiarazione dei redditi. Una soluzione simile è già prevista per le minusvalenze in regime di risparmio amministrato.
- Riformare l’articolo 27 del DPR 600/73: Consentire la detrazione diretta del credito d’imposta anche per i sostituti d’imposta, evitando distorsioni nel trattamento fiscale dei dividendi in regime gestito e amministrato.
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