Ho scritto in passato vari articoli sui reclami di risparmiatori in merito ai Buooni fruttiferi postali. Ancora oggi sono aperte varie vertenze, sia su buoni non rimborsati ma soprattutti su tassi di interessi decurtati d'ufficio rispetto a quanto riportato sul buono. Il Sole 24 Ore Plus, inserto del sabato del quotidiano finanziario, ha dedicato la cover story del 22 agosto a queste vicende. Siccome è un argomento che interessa vari lettori risparmiatori ho deciso di pubblicare un ampio stralcio di questo reportage, essendo ormai passata oltre una settimana dalla pubblicazione. Sul Sole del sabato potrete comunque in generale esser informati su ulteriori sviluppi. Buona lettura.
"E' un rapporto di amore e odio quello tra i risparmiatori italiani e i Buoni fruttiferi postali (Bfp). Solo nell’ultimo anno sono stati sottoscritti Buoni per un valore superiore ai 22,5 miliardi di euro, nonostante i rendimenti siano ormai prossimi allo zero. Il risparmio postale continua quindi a riscuotere un notevole successo tra le famiglie italiane. ... Secondo le ultime stime le famiglie oggi detengono direttamente circa 150 miliardi di BTp, mentre lo stock dei Bfp in circolazione (senza considerare i libretti postali) a fine 2019 ammonta a 225 miliardi (tra quelli emessi da Cdp e quelli gestiti da Poste per il Tesoro), un dato quest’ultimo in crescita del 2% rispetto all’anno precedente.
Tassi ai minimi e reclami al top
Eppure i rendimenti offerti dai Buoni di nuova emissione sono ormai da anni ridotti al lumicino e quelli di vecchia data non di rado sono fonte di contestazione nel momento in cui il sottoscrittore chiede il rimborso e “scopre” che in realtà allo sportello gli riconoscono un importo decurtato, a volte anche dimezzato, rispetto al valore atteso. Le controversie più diffuse riguardano in primis il taglio, anche retroattivo, dei rendimenti riportati sul retro del Buono deciso in corsa con decreto ministeriale, oppure la prescrizione dei Bfp o ancora il diniego di Poste di rimborsare il valore del Buono al singolo contitolare, anche in presenza della clausola originariamente prevista di “pari facoltà di rimborso”.
I numeri dell'ABF
Nel 2019 è esplosa l’incidenza delle istanze presentate all’Arbitro bancario finanziario contro Poste Italiane: circa il 17% dei 22.059 ricevuti in totale dall’Abf, con un aumento di 8 punti percentuali rispetto al 2018. Nel complesso sono stati quindi presentati 3.672 ricorsi contro Poste e circa i tre quarti di questo contenzioso è inerente ai Buoni fruttiferi postali. E se nel complesso i ricorsi contro Poste hanno avuto un esito sostanzialmente favorevole al risparmiatore nel 52% dei casi (con accoglimento anche parziale delle richieste dei sottoscrittori o dichiarazione di cessazione della materia del contendere a seguito di accordo fra le parti), la percentuale sale al 58% di ricorsi accolti considerando solo gli esiti delle controversie in materia di Bfp decise dai collegi dell’Abf nel corso del 2019.
Un anno in cui è aumentato anche in misura significativa l’importo medio riconosciuto ai consumatori che hanno visto la loro controversia sui Buoni fruttiferi concludersi con esito positivo: tra il 2018 e il 2019 il valore medio dei riconoscimenti è balzato da 2.100 a 10.800 euro, soprattutto in virtù del significativo numero di sentenze inerenti la determinazione dei rendimenti dei “vecchi e ricchi” Bfp appartenenti alla serie Q emessi nella seconda metà degli anni ’80 sui moduli della precedente serie P (c.d. buoni della serie Q/P) che riconoscevano rendimenti a due cifre. «Su tali buoni, di durata trentennale, gli uffici postali apponevano un timbro sulla parte anteriore, con l’indicazione della nuova serie Q, e un timbro sulla parte posteriore, con i nuovi tassi di interesse della serie Q riportati soltanto con riferimento ai primi 20 anni di rendimento del titolo, senza precisare nulla in merito ai tassi più elevati (15% annuo) previsti per la precedente serie P per le richieste di rimborso dal ventunesimo al trentesimo anno», come ricordano i diversi collegi dell’Abf che hanno in questi ultimi anni accolto le richieste dei titolari di questa tipologia di Bfp, applicando il principio di tutela del legittimo affidamento del sottoscrittore nelle condizioni di rendimento riportate sul Buono, sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza a Sezioni Unite n.13979/2007.
Le inadempienze di Poste
Decisioni dell’Abf che fino allo scorso anno Poste rispettava, rimborsando al cliente quanto stabilito dall’Arbitro. Dall’inizio di quest’anno, però, Poste Italiane ha iniziato a disattendere le pronunce dell’Abf, come emerge dalla lista nera pubblicata sul sito dell'Arbitro con gli intermediari inadempienti.
Al momento sono 16 le decisioni che Poste ha deciso di non rispettare, iniziando a sottoporre la questione all’attenzione della giustizia ordinaria anche in anticipo rispetto alle mosse che in tale direzione possono intraprendere i risparmiatori che hanno ottenuto l’accoglimento del loro ricorso dall’Abf, poi però disatteso dall’intermediario. Inadempimenti di Poste che in realtà sono già ben più numerosi, molti non sono stati ancora pubblicati dalla segreteria dell’Abf: un numero destinato comunque a crescere esponenzialmente.
Negli ultimi anni sulle controversie relative alla serie Q\P, ma anche su altri versanti, c’è stata una virata giurisprudenziale più favorevole all’intermediario che ha indotto Poste Italiane a ribadire «di non ritenere ulteriormente possibile dare seguito alle decisioni dell’Abf in materia di rendimenti dei Buoni della serie Q\P». Ma tra pronunciamenti, decreti ingiuntivi, ordinanze decisorie e interlocutorie e definitive sentenze, lo scontro tra istituzioni è in atto e l’esito delle controversie non è ancora così scontato come andremo a esaminare via via in queste pagine.
La disputa sui tassi della Serie “Q\P”
La partita più importante, nel campo delle controversie in atto con i sottoscrittori dei Buoni fruttiferi, le Poste la stanno giocando sui Buoni della Serie “Q\P”. Un contenzioso che negli anni scorsi ha visto Poste Italiane rispettare tutte le decisioni dell’Abf che hanno accolto i ricorsi dei ricorrenti. I Buoni della serie “Q” erano stati istituiti con decreto del Tesoro del 13 giugno 1986, che prevedeva l’utilizzo dei moduli delle serie precedenti su cui apporre, al momento della sottoscrizione da parte del cliente, due timbri: uno sulla parte anteriore, con la dicitura “serie Q/P”, l’altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi fissati per la serie “Q”.
In base
al timbro usato da Poste per adempiere
alle prescrizioni del Dm, sul Buono
non veniva data esplicita evidenza
della rendita fissa bimestrale di interessi
per l’ultimo decennio.
Da inizio 2020, però, le Poste hanno
iniziato a disattendere le pronunce dei
vari Collegi dopo una serie di decisione
della Corte d’Appello di Milano che, in
controtendenza rispetto al passato, ha
accolto la tesi di Poste a riguardo. «I giudici
di merito - fanno sapere da Poste -,
in un numero significativo e sempre
maggiore di casi - tra cui, la recentissima
Corte d'Appello di Milano n.2060
del 6 agosto 2020; nonché Corte Appello
Milano n.435/2020 e n.5025/2019) -,
riconoscono infatti che, da un lato, in
presenza dei prescritti timbri, Poste abbia
ben adempiuto alle disposizioni
normative e, dall’altro, che il risparmiatore
non possa essere stato incolpevolmente
indotto in errore nella valutazione
del rendimento applicabile ai Buoni,
in quanto – proprio in virtù della presenza
dei prescritti timbri – conosceva
o poteva conoscere i relativi rendimenti,
in linea con il principio ribadito peraltro
dalla Cassazione Sez. Unite
n.3963/2019 di pubblicità dei rendimenti
dei Buoni affidato dalla normativa
alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Poste quindi non ritiene ulteriormente
possibile dare seguito alle decisioni
da parte dell’Abf in materia di
rendimenti dei Buoni Serie Q/P».
A riguardo di recente si è espresso anche il Collegio di Coordinamento dell’Abf, con decisione 6.142 del 3 aprile 2020, che seppur richiamando le suindicate recenti sentenze della Corte d’Appello di Milano ha ribadito che al titolare dei Buoni “Q/P” va riconosciuto per il periodo di tempo dal 21° al 30° anno un rendimento maggiore di quello previsto dal Dm 30 giugno 1986, richiamando alcune sentenze di altre Corti d’Appello. Senza entrare nei meandri delle innumerevoli e ondivaghe decisione dei giudici di primo grado, le sentenze delle Corti d’Appello di Venezia del 1° aprile 2019, Torino n.1271/2019 e Brescia n.1549 del 25 ottobre 2019 e più di recente ancora Brescia con la sentenza n. 438/2020 hanno accolto la tesi pro risparmiatori.
A questo punto c’è solo da sperare che una di queste vertenze arrivi al più presto ad essere giudicata dalle Sezioni Unite della Cassazione. «Anche perché - afferma l’avvocato Giulio Fragasso - alcuni Tribunali in primo grado in questi ultimi mesi stanno dando ragione a Poste Italiane, andando anche oltre a quanto ha deciso la Corte d’Appello di Milano. Per loro aver emesso il Buono prima o dopo il decreto ministeriale che ha modificato i tassi nel 1986 non fa alcuna differenza. La Cassazione, Sez. Un. 3963/2019, si era espressa a favore di Poste sui Buoni ante decreto e su questo non c’è ormai nulla da obiettare. Nella sentenza viene però anche sottolineato che per i Buoni emessi dopo il Dm di revisione dei tassi vale quanto riportato nel retro del Buono». Avverso alcune decisioni di secondo grado sulla Serie Q/P, sfavorevoli alle pretese dei risparmiatori, questi ultimi hanno recentemente promosso ricorso per Cassazione. Poste ha presentato le proprie difese, ora occorre attendere i tempi della Corte".
Buongiorno Luca,
RispondiEliminala seguo con molto interesse da anni e la ringrazio.
Volevo chiederle un suo commento sulla nuova polizza di Genertel "Deposito Protetto" .
Meglio o peggio della precedente versione, per favore ?
Grazie.
Alberto