Dai commenti ad un recente articolo sugli attuali rendimenti delle obbligazioni è emerso un classico errore in cui cadono i piccoli risparmiatori, i quali tendono a confondere il tasso di interesse offerto dalla cedola con il rendimento del titolo.
E’ invece importante capire bene la distinzione fra questi due concetti, anche per capire quando e se acquistare o vendere un’obbligazione. Cercherò di mantenere la spiegazione discorsiva, senza utilizzo di formule complicate.
Ma una volta emesso, il prezzo del titolo può oscillare e cambiare quotidianamente (almeno per quelli quotati in Borsa come praticamente tutti i titoli di Stato e buona parte delle obbligazioni emesse da banche e grandi società tipo Eni o Enel).
Se il prezzo del nostro Btp dell’esempio precedente scendesse a 80, comprandolo a questo prezzo otterremmo un rendimento superiore pari al 12,5%. La cedola però non cambia: ogni anno riceverò sempre i miei 10 euro. Gli interessi sono quindi sempre calcolati sul valore nominale del titolo, per convenzione pari a 100. Viceversa avrei un rendimento inferiore se il prezzo fosse maggiore di 100.
Matematicamente parlando, esiste una correlazione inversa fra il prezzo del titolo e il suo rendimento. Maggiore è il prezzo, minore è il rendimento e viceversa.
In pratica il tasso di interesse di un titolo è pari al valore pagato dalla cedola rispetto al valore nominale, mentre il rendimento effettivo del titolo è pari al valore pagato dalla cedola rispetto al prezzo di acquisto.
La formula poi si complica se introduciamo anche la componente tempo, ma per il nostro scopo di capire la differenza fra i due concetti, questo è più che sufficiente.
Chi si lasciasse ingannare dal tasso cedolare potrebbe pensare che sia un’occasione. Ma in realtà, seguendo i calcoli precedenti, il titolo offre in pratica un rendimento lordo pari a zero (e addirittura negativo al netto della ritenuta sulla cedola e del bollo sugli investimenti).
Ho preso per semplicità un titolo ad un anno, ma i rendimenti effettivi non salgono poi di molto nemmeno per quelli con durate più lunghe.
Per esempio il Btp 4,25% con scadenza marzo 2020 (5 anni) quota circa a 118 e ha un rendimento lordo dello 0,50% e netto poco superiore allo zero (per vedere i rendimenti dei Btp senza dover fare i calcoli, utilizza questo sito http://www.rendimentobtp.it/ ).
Quest’ultimo esempio mi serve per introdurre un nuovo concetto. Supponiamo che tu abbia acquistato il Btp 2020 a 100 al momento del collocamento. Conviene mantenere il titolo fino a scadenza? E' una domanda che oggi si fanno molti investitori che hanno in portafoglio titoli con alte plusvalenze potenziali.
Per rispondere non devi più ragionare pensando al prezzo pagato originariamente, ma sulla base del prezzo attuale. Se tu vendessi il titolo porteresti a casa, oltre al rateo interessi maturato, una solida plusvalenza sul capitale (118-100). Plusvalenza che andrà a ridursi man mano ci si avvicina alla scadenza (ovviamente potrebbe nel breve aumentare ancora per l’andamento dei tassi di mercato). In pratica quindi la plusvalenza che potresti realizzare non è altro che un anticipo del futuro flusso cedolare. Avendo già questo anticipo, quello che devi considerare nel decidere se mantenere o meno il titolo è il suo rendimento futuro (quello che abbiamo calcolato prima sulla base del prezzo di mercato attuale) ragionando come se dovessi acquistarlo ora.
Calcolare questo rendimento non basta per prendere una decisione. Devi infatti poi valutare se ci sono alternative di investimento valide e competitive. Sintetizzando potresti vendere questa obbligazione che ti offrirà in futuro un rendimento lordo dello 0,50% per 5 anni, per acquistarne un altro con scadenza analoga che ti offra di più. Potresti anche variare la durata, per esempio con un conto deposito a 1 anno con rendimento sopra l’1%. In questo caso hai un rischio che alla scadenza, tra un anno, i rendimenti siano inferiori. Ma visti i tassi attuali, hai anche buone possibilità che siano maggiori. Invece del Btp a 5 anni con rendimento dello 0,5% potresti perciò puntare ad un conto deposito annuale supponendo che potrai rinnovarlo per altre 4 volte (4 anni) a tassi mediamente uguali o superiori.
Nel confronto devi poi valutare non solo la differenza di rendimenti ed eventualmente la diversa scadenza. Devi infatti considerare il peso fiscale: sul Btp pari al 12,5% e su altri investimenti invece del 26%.
Per fare le cose bene dovresti poi valutare il rischio calcolando il cosiddetto rendimento rettificato, in altre parole capire se il maggiore rendimento potenziale ti ripaga a sufficienza degli eventuali maggiori rischi. Ma qui il discorso potrebbe diventare troppo complicato.
Diciamo che se vendi un Btp per acquistare un’obbligazione di una società turca in valuta locale, sicuramente quest’ultimo titolo ti offrirà potenzialmente di più ma l’elemento rischio va attentamente valutato. Se vendi il Btp per sottoscrivere un nuovo Btp Italia o un conto deposito di una buona banca (ed entro il valore di 100.000 euro) la differenza di rischio è marginale se non assente. Per cui ti puoi affidare al solo confronto dei rendimenti.
Un ultimo punto di attenzione: per valutare l’opportunità di un eventuale cambio fai anche attenzione ai costi di intermediazione, vale a dire le commissioni di vendita e di acquisto. Qui non posso che ripetere quanto oggi questa componente sia fondamentale visti i rendimenti ai minimi storici. Scegli per es. banche online come Fineco o Conto Corrente Arancio.
In conclusione, è sbagliato il ragionamento per cui "tengo il titolo fino a scadenza e mi porto a casa una cedola che oggi ci si sogna", perché sto ragionando sul tasso di interesse (cedola) e non sul rendimento effettivo.
E’ invece importante capire bene la distinzione fra questi due concetti, anche per capire quando e se acquistare o vendere un’obbligazione. Cercherò di mantenere la spiegazione discorsiva, senza utilizzo di formule complicate.
Tasso di interesse e rendimento di un titolo
Il tasso di interesse di un titolo obbligazionario è collegato a quanto viene pagato con la cedola periodica. In pratica se acquisto a 100 un Btp con cedola del 10%, so che ogni anno riceverò 10 euro di interessi.Ma una volta emesso, il prezzo del titolo può oscillare e cambiare quotidianamente (almeno per quelli quotati in Borsa come praticamente tutti i titoli di Stato e buona parte delle obbligazioni emesse da banche e grandi società tipo Eni o Enel).
Se il prezzo del nostro Btp dell’esempio precedente scendesse a 80, comprandolo a questo prezzo otterremmo un rendimento superiore pari al 12,5%. La cedola però non cambia: ogni anno riceverò sempre i miei 10 euro. Gli interessi sono quindi sempre calcolati sul valore nominale del titolo, per convenzione pari a 100. Viceversa avrei un rendimento inferiore se il prezzo fosse maggiore di 100.
Matematicamente parlando, esiste una correlazione inversa fra il prezzo del titolo e il suo rendimento. Maggiore è il prezzo, minore è il rendimento e viceversa.
In pratica il tasso di interesse di un titolo è pari al valore pagato dalla cedola rispetto al valore nominale, mentre il rendimento effettivo del titolo è pari al valore pagato dalla cedola rispetto al prezzo di acquisto.
La formula poi si complica se introduciamo anche la componente tempo, ma per il nostro scopo di capire la differenza fra i due concetti, questo è più che sufficiente.
Conviene acquistare o vendere il Btp?
Per fare un esempio concreto, prendiamo il Btp con scadenza 15 aprile 2016 (quindi un anno) con cedola del 3,75%. In questo momento il titolo quota a 103,77.Chi si lasciasse ingannare dal tasso cedolare potrebbe pensare che sia un’occasione. Ma in realtà, seguendo i calcoli precedenti, il titolo offre in pratica un rendimento lordo pari a zero (e addirittura negativo al netto della ritenuta sulla cedola e del bollo sugli investimenti).
Ho preso per semplicità un titolo ad un anno, ma i rendimenti effettivi non salgono poi di molto nemmeno per quelli con durate più lunghe.
Per esempio il Btp 4,25% con scadenza marzo 2020 (5 anni) quota circa a 118 e ha un rendimento lordo dello 0,50% e netto poco superiore allo zero (per vedere i rendimenti dei Btp senza dover fare i calcoli, utilizza questo sito http://www.rendimentobtp.it/ ).
Quest’ultimo esempio mi serve per introdurre un nuovo concetto. Supponiamo che tu abbia acquistato il Btp 2020 a 100 al momento del collocamento. Conviene mantenere il titolo fino a scadenza? E' una domanda che oggi si fanno molti investitori che hanno in portafoglio titoli con alte plusvalenze potenziali.
Per rispondere non devi più ragionare pensando al prezzo pagato originariamente, ma sulla base del prezzo attuale. Se tu vendessi il titolo porteresti a casa, oltre al rateo interessi maturato, una solida plusvalenza sul capitale (118-100). Plusvalenza che andrà a ridursi man mano ci si avvicina alla scadenza (ovviamente potrebbe nel breve aumentare ancora per l’andamento dei tassi di mercato). In pratica quindi la plusvalenza che potresti realizzare non è altro che un anticipo del futuro flusso cedolare. Avendo già questo anticipo, quello che devi considerare nel decidere se mantenere o meno il titolo è il suo rendimento futuro (quello che abbiamo calcolato prima sulla base del prezzo di mercato attuale) ragionando come se dovessi acquistarlo ora.
Calcolare questo rendimento non basta per prendere una decisione. Devi infatti poi valutare se ci sono alternative di investimento valide e competitive. Sintetizzando potresti vendere questa obbligazione che ti offrirà in futuro un rendimento lordo dello 0,50% per 5 anni, per acquistarne un altro con scadenza analoga che ti offra di più. Potresti anche variare la durata, per esempio con un conto deposito a 1 anno con rendimento sopra l’1%. In questo caso hai un rischio che alla scadenza, tra un anno, i rendimenti siano inferiori. Ma visti i tassi attuali, hai anche buone possibilità che siano maggiori. Invece del Btp a 5 anni con rendimento dello 0,5% potresti perciò puntare ad un conto deposito annuale supponendo che potrai rinnovarlo per altre 4 volte (4 anni) a tassi mediamente uguali o superiori.
Nel confronto devi poi valutare non solo la differenza di rendimenti ed eventualmente la diversa scadenza. Devi infatti considerare il peso fiscale: sul Btp pari al 12,5% e su altri investimenti invece del 26%.
Per fare le cose bene dovresti poi valutare il rischio calcolando il cosiddetto rendimento rettificato, in altre parole capire se il maggiore rendimento potenziale ti ripaga a sufficienza degli eventuali maggiori rischi. Ma qui il discorso potrebbe diventare troppo complicato.
Diciamo che se vendi un Btp per acquistare un’obbligazione di una società turca in valuta locale, sicuramente quest’ultimo titolo ti offrirà potenzialmente di più ma l’elemento rischio va attentamente valutato. Se vendi il Btp per sottoscrivere un nuovo Btp Italia o un conto deposito di una buona banca (ed entro il valore di 100.000 euro) la differenza di rischio è marginale se non assente. Per cui ti puoi affidare al solo confronto dei rendimenti.
Un ultimo punto di attenzione: per valutare l’opportunità di un eventuale cambio fai anche attenzione ai costi di intermediazione, vale a dire le commissioni di vendita e di acquisto. Qui non posso che ripetere quanto oggi questa componente sia fondamentale visti i rendimenti ai minimi storici. Scegli per es. banche online come Fineco o Conto Corrente Arancio.
In conclusione, è sbagliato il ragionamento per cui "tengo il titolo fino a scadenza e mi porto a casa una cedola che oggi ci si sogna", perché sto ragionando sul tasso di interesse (cedola) e non sul rendimento effettivo.
finalmente un articolo corretto! la maggior parte degli italiani è convinta di avere un rendimento pari alla cedola!!!!! L'ultima frase è quella che meglio sintetizza questa convinzione
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