Dopo anni in cui il tasso fisso è stato l’opzione nettamente preferita dalle famiglie, il mercato dei mutui sta vivendo una fase di riequilibrio. All’inizio dell’estate scorsa, infatti, la discesa dei tassi decisa dalla Banca centrale europea ha riportato il tasso variabile sotto quello fisso, un evento che non si verificava da tempo e che ha riacceso il dibattito tra chi deve accendere o rinegoziare un mutuo.
Nel libro "Il mutuo per la tua casa" trovi spiegato in dettaglio con quali criteri scegliere tra fisso e variabile.
Secondo i dati di MutuiOnline.it, oggi il tasso variabile presenta un Tan medio del 2,64%, circa 70 punti base in meno rispetto al tasso fisso, che si attesta mediamente intorno al 3,34%. Un differenziale che, almeno sulla carta, rende il variabile più conveniente nel breve periodo.
Il risparmio immediato del variabile
La convenienza del tasso variabile si traduce in un risparmio concreto sulla rata. Su un mutuo ventennale da 100.000 euro, la differenza attuale è di circa 35 euro al mese, con una rata stimata di 537 euro contro i 572 del fisso. Nell’arco dell’intero finanziamento, il vantaggio complessivo supera gli 8.000 euro.
Questo scenario ha favorito un aumento delle surroghe dal tasso fisso al variabile, che negli ultimi due trimestri hanno raggiunto il 9,4% del totale. Si tratta comunque di una quota minoritaria: il grosso delle surroghe continua a riguardare mutui a tasso fisso, stipulati in passato a condizioni meno favorevoli rispetto a quelle oggi disponibili.
La stabilità resta la scelta più diffusa
Nonostante il risparmio potenziale, la maggioranza dei mutuatari continua a privilegiare la sicurezza. Oltre il 90% dei consumatori censiti nell’ultimo trimestre da MutuiOnline.it ha scelto ancora il tasso fisso. Una preferenza che riflette il desiderio di proteggersi dalle incertezze del contesto economico e finanziario.
Il fisso consente infatti di bloccare la rata a livelli che, in una prospettiva storica, restano più che accettabili, eliminando il rischio di futuri aumenti. In un contesto segnato da tensioni geopolitiche e da una politica monetaria meno prevedibile, questa caratteristica continua a rappresentare un fattore decisivo.
Il tasso variabile, invece, resta una scelta più adatta a chi ha una maggiore propensione al rischio, segue con attenzione l’andamento dei mercati e dispone di un margine di sicurezza nel bilancio familiare per far fronte a eventuali rialzi futuri.
Quando conviene la surroga
Nel caso della surroga, la convenienza dipende soprattutto dal tasso di partenza. Chi ha già un mutuo a tasso fisso compreso tra il 3% e il 3,5% difficilmente riuscirà a ottenere un risparmio significativo passando a un altro fisso, anche perché nelle ultime settimane si è registrato un lieve rialzo degli Irs, i tassi di riferimento utilizzati per il calcolo dei mutui a tasso fisso.
Il discorso cambia per chi ha un mutuo a tasso variabile poco competitivo. Questo può accadere quando la banca ha applicato uno spread elevato o quando il tasso complessivo risulta sensibilmente superiore alla media di mercato. In questi casi, la surroga verso un tasso fisso può essere ancora vantaggiosa, sia per ridurre il costo complessivo del finanziamento sia per mettersi al riparo da eventuali rialzi futuri.
Un esempio chiarisce il punto: su un mutuo ventennale da 150.000 euro acceso due anni fa al 3,80%, con 18 anni residui, una surroga al 3,25% permetterebbe un risparmio di circa 9.000 euro sugli interessi e una riduzione della rata di oltre 40 euro al mese.
Una scelta che resta personale
In definitiva, non esiste una risposta valida per tutti. Il tasso variabile può offrire un risparmio immediato, ma richiede attenzione e tolleranza al rischio. Il tasso fisso, pur leggermente più caro, garantisce stabilità e prevedibilità nel lungo periodo. La scelta migliore resta quella che tiene conto non solo dei numeri, ma anche della situazione personale, della durata del mutuo e della capacità di assorbire eventuali variazioni della rata nel tempo.
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