Banca del Rispamio

Utili consigli per risparmiare in banca

03/11/25

E' giusto tassare le banche? Sì, ma non per gli utili

La manovra 2026 contiene un “pacchetto banche” che combina misure permanenti e temporanee. I punti principali sono:

  • un prelievo straordinario sugli «extraprofitti» e la possibilità (su base opzionale per gli istituti) di «affrancare» riserve non distribuite pagando un’imposta agevolata: l’aliquota proposta è del 27,5% per l’affrancamento (con incremento previsto negli anni successivi fino al 33% in alcuni scenari). Questo meccanismo riprende la strada già percorsa nel 2023 ma con formule e aliquote diverse. 

  • un aumento dell’IRAP per banche e soggetti finanziari di circa 2 punti percentuali (misura strutturale che incrementa il prelievo fiscale sulle loro basi imponibili). 

  • altre regole fiscali tecniche (differimento della deducibilità di alcuni crediti fiscali, modifiche al trattamento delle perdite fiscali, norme sul trattamento dei crediti dubbi) che insieme producono un «mix» stimato in miliardi di euro di gettito: il governo ha messo nel conto circa 11 miliardi nel triennio e circa 4–4,5 miliardi solo nel 2026 (le stime variano a seconda delle ipotesi). 

 

Gli argomenti pro

Tra gli argomenti utilizzati per giustificare queste misure c'è quello degli utili miliardari che le banche italiane  stanno conseguendo soprattutto grazie all'aumento dei tassi o meglio del differenziali tra tassi a credito e quelli a debito che non sono stati alzati (es. gli interessi sul conto corrente sono fermi allo zero). 

Ma tassare un settore perché fa utile non è sicuramente una politica saggia e equa (qualcuno in tal senso l'ha giustamente l'definita "comunista") anche quando questi utili sono dovuti più alla passività dei clienti (tema su cui ho scritto spesso: clienti che non cambiano conto o che seguono fedelmente i consigli di investimenti del bancario di turno). 

In realtà ci sono ben altri motivi per chieder ora un contributo alle banche.  

  1. Le banche hanno ricevuto sostegno pubblico rilevante in passato: lo Stato (direttamente o indirettamente) è intervenuto in più occasioni per sostenere singole banche in crisi (tra i casi noti quello di Monte dei Paschi di Siena, banche venete, Etruria, banca Marche). Questi interventi (ricapitalizzazioni precauzionali, supporti di liquidità, operazioni pubbliche) che insieme hanno cubato oltre 20 miliardi sono richiamati come motivo per chiedere una maggiore contribuzione fiscale.
  2. Garanzie statali sui prestiti hanno ridotto il rischio a carico delle banche: durante la crisi Covid e dopo, lo Stato ha messo a disposizione programmi (Fondo di Garanzia PMI, “Garanzia Italia” via SACE, ecc.) che hanno permesso alle imprese di ottenere finanziamenti garantiti dallo Stato. Per le banche ciò ha significato poter erogare credito a rischio molto ridotto o trasferire il rischio all’ente statale, con evidente beneficio sul profilo di rischio e sui margini di intermediazione. Chi sostiene la tassa ritiene quindi equo che le banche restituiscano parte del vantaggio ricevuto in termini di minori perdite attese e maggiori ricavi.
  3. Il Superbonus 110% (introdotto nel 2020 e poi prorogato e rimodulato) ha creato un enorme business per le banche grazie alla possibilità per i beneficiari di trasformare la detrazione fiscale in sconto in fattura o in cessione del credito verso terzi (banche, assicurazioni, altri intermediari). Questo ha creato un vero e proprio mercato dei crediti fiscali: molte banche hanno comperato crediti d’imposta (o su piattaforme/veicoli), trasformando i crediti fiscali in business finanziario e ricavi di intermediazione. Il business era così conveniente che «quasi tutte le banche» hanno attrezzato piattaforme per acquistare e cartolarizzare questi crediti e che i bilanci di alcune banche mostrano crediti verso l’erario legati al Superbonus. A sua volta le banche finanziavano le aziende edilizie con rischi ridotti potendo poi contare sul pieno rimborso dello Stato. 

 

Personalmente ritengo che gli ultimi due motivi siano validi ma non così giustificati. Anche se fatti da altro Governo, la colpa delle garanzie statali e superbonus non è certo delle banche ma appunto di chi ha fatto due leggi assurde senza controlli e limiti che hanno portato a costi enormi per lo Stato. Si parla spesso dei circa 200 miliardi del Superbonus, ma poco delle garanzie statali tramite cui le banche hanno sostituito i loro crediti con le aziende spostando l'intero rischio sulle casse statali. Bastava infatti chiudere un precedente finanziamento e concederne un altro per una piccola somma aggiuntiva affinché tutto il finanziamento godesse della garanzia statale, per cui se andava bene incassava la banca, se andava male pagava lo Stato (es. classico: prestito a PMI da 30.000 euro, la banca lo rinegoziava chiudendolo e aprendone un altro da 31.000 euro. Se prima i 30.000 euro erano a solo rischio banca, ora tutti i 31.000 euro, non solo i 1000 aggiuntivi, erano a rischio pubblico).  Chiaramente due leggi scritte male di cui le banche, così come le società edilizie e tanti privati, hanno semplicemente approfittato. 

 

Il vero motivo per cui ritengo ragionevole imporre ora tasse alle banche è in funzione dei salvataggi effettuati in passato a tutela di tutto il sistema che rischiava di crollare. Sarebbe ingiusto e illiberale che società aiutate quando avevano bisogno, ora che hanno bilanci floridi non restituiscano almeno parte del favore. Saremmo nel classico caso di "socializzare le perdite e privatizzare gli utili". Per tale ragione ritengo equa una tassazione che colpisca il settore bancario, poi si possono discutere le modalità. 


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