La questione dei buoni postali serie Q/P
Negli anni ‘80, Poste Italiane ha distribuito buoni postali con tassi di interesse specifici per la serie Q, ma spesso utilizzando i moduli della precedente serie P. A questi buoni veniva apposto un timbro che aggiornava i rendimenti per i primi 20 anni, allineandoli a quelli della serie Q, ma non modificava i rendimenti per il periodo dal ventunesimo al trentesimo anno. Questa confusione tra moduli e timbri ha generato un'enorme quantità di contenziosi tra i risparmiatori e Poste Italiane.
La Sentenza della Cassazione
Con l'ordinanza n. 24715, la Prima Sezione Civile della Cassazione ha ribadito che Poste Italiane non è tenuta a riconoscere i rendimenti del 15% annuo previsti per la serie "P" per l'ultimo decennio. I rendimenti devono essere calcolati in base a quelli della serie "Q", come indicato sul timbro apposto sul retro dei buoni, che però si applicava solo ai primi 20 anni. L'errata apposizione del timbro e la confusione normativa hanno portato numerosi clienti a scoprire solo al momento della riscossione, dopo 30 anni, che i rendimenti erano inferiori a quanto inizialmente atteso.
Inizialmente, molti giudici di primo grado e alcune Corti d’Appello (Brescia, Torino e Venezia) avevano dato ragione ai risparmiatori, riconoscendo che l’omessa indicazione dei rendimenti per l’ultimo decennio rappresentava una violazione del loro legittimo affidamento. Tuttavia, con il passare degli anni, la giurisprudenza ha iniziato a orientarsi in maniera diversa. La Corte d'Appello di Milano e altri tribunali hanno emesso sentenze più favorevoli a Poste Italiane, sostenendo che il timbro sui buoni rappresentava correttamente la volontà di applicare i nuovi tassi della serie "Q" per i primi 20 anni, senza però modificare quelli dell'ultimo decennio.
La recente ordinanza della Cassazione, che segue la linea della sentenza n. 22619/2023 (la cosiddetta sentenza Falabella), ha stabilito definitivamente che i rendimenti devono essere calcolati secondo le modalità previste per la serie Q.
La Fine di una Lunga Controversia?
La Cassazione ha così messo la parola fine a un contenzioso che si trascina da decenni, sancendo che la mancanza di chiarezza nella rappresentazione degli interessi non basta a garantire ai risparmiatori i rendimenti più elevati della serie "P". Secondo i giudici, l'apposizione del timbro rappresenta una manifestazione chiara della volontà di aggiornare i tassi, almeno per i primi due decenni, e non costituisce una violazione dei diritti dei risparmiatori per l’ultimo decennio.
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