L’inserto Plus del Sole 24 Ore giustamente rileva come nel frattempo sia passato oltre un anno dal ritorno dei tassi di interesse in territorio positivo.
Di questo come noto ne hanno beneficiato i bilanci delle banche. Ma a gonfiare gli utili degli istituti di credito hanno contribuito in misura significativa anche gli extra oneri e i canoni che le banche hanno introdotto negli anni scorsi adducendo il giustificato motivo del sopravvenuto scenario dei tassi negativi che ora, però, non sussiste più.
Plus in più riprese ha chiesto alle banche di innestare la retromarcia e ripristinare le precedenti condizioni contrattuali più favorevoli ai clienti Un sollecito che la stessa Banca d’Italia aveva indirizzato alle banche con una pubblica comunicazione il 15 febbraio scorso.
Un appello che guarda caso è caduto nel vuoto: solo un esiguo numero di istituti ha fatto dietrofront riducendo i costi aggiuntivi caricati ai clienti.
Eppure interprendano l’articolo 118 del Tub che obbliga le banche a indicare il giustificato motivo per cui aumentano i costi a carico del cliente, sarebbe scontato ritenere che si debba poi ripristinare le condizioni contrattuali iniziali qualora venga meno tale motivo. Questo anche solo in base a obblighi di buona fede e correttezza.
Plus segnala che il rimedio non può essere lasciato all’iniziativa delle banche vista l’esperienza di questi mesi e occorra un intervento normativo. Personalmente ritengo sia spiacevole il fatto che lo Stato debba intervenire su qualcosa di così scontato e ovvio. Anche per questo ritengo, come già scritto, che ci siano diverse ragioni valide nella tassa sul margine di interesse delle banche, al di là degli errori di forma e comunicazione e di eventuali modifiche.
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